La grande Trieste: oltre la mostra tante curiosità

Tra il 1887 e il 1891 gli archeologi del Civico Museo portarono alla luce i resti di una villa romana a Barcola, i cui ventidue ambienti erano pavimentati da mosaici, in trenta disegni diversi, in cattivo stato di conservazione. Si decise di salvarli e portarli nel Museo, ma solo quelli di tre stanze vennero restaurati sul posto e integralmente rimossi, mentre per la maggior parte fu possibile recuperarne unicamente i tratti meno deteriorati.

Il sistema usato durante l’epoca de La grande Trieste – e ricordato fra le tante curiosità dai curatori, a margine della mostra al Salone degli Incanti – comportò lo “strappo” di singole porzioni di forma rettangolare: per mezzo di tele incollate sul mosaico le tessere vennero staccate dall’originale letto di malta e quindi riadagiate su pannelli con una nuova base di cemento; in seguito vennero reintegrati i molti guasti, pulite e lucidate le superfici. Il lavoro fu realizzato dal custode del Civico Museo nei locali dello stabilimento balneare Excelsior – in corso di sistemazione – ottenendo 122 pannelli che vennero esposti nella sala del Museo d’Antichità che aveva sede nello stesso palazzo di piazza Hortis insieme alla Biblioteca Civica e al Museo di Storia Naturale. Fu creata un’esposizione in cui i mosaici ricoprirono interamente due pareti, in una curiosa composizione nella quale i mosaici uguali, provenienti dallo stesso pavimento, non erano mai vicini.

Con lavoro analogo i restauratori moderni hanno nuovamente strappato le tessere dai nove pannelli in cui era suddiviso e hanno potuto restituire l’originaria integrità al bel mosaico a rosone esposto ora alla mostra: il lavoro della fine dell’Ottocento era stato fatto con tale perizia da permettere di recuperare perfettamente l’antico disegno (normalmente esposto al Lapidario Tergestino nel Castello di San Giusto).

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Salone degli Incanti